Il nido della gazza ladra
A book about house and objects inside it.
Isia Urbino / MA Photography
What do we have left when someone goes missing? A question that has always rang in my ears.
The house where I grew up with my mother, my father and my brother - who no longer lives with us - is full of objects such as paintings, statuettes, books, mirrors, vases, crockery etc... It looks like a Wunderkammer on whose walls, on the shelves, above the furniture, there are a series of objects that are not just souvenirs and knick-knacks, which reconstruct real personal stories. In this I would like to focus attention, on how these sometimes insignificant objects become for me those values and education that my parents wanted to leave me. And here is the answer to my original question.
I would like to investigate “Home” from this point of view, as an almost museum-like repository of experiences and sharing between me and them. A legacy.
Apro gli occhi, per la prima volta.
E per la prima volta vedo il mondo, vedo l’azzurro del cielo ed il bianco candido delle nuvole.
A tratti però qualcosa di abbagliante, di estremamente luminoso mi acceca, qualcosa a cui non riesco ad attribuire un nome. Sono appena nato e conosco solo il cielo e le nuvole perché vedo gli altri, miei simili, compiere mirabolanti voli e acrobazie.
Tutto il resto per me è un mistero.
Tra le fronde di un albero, sento il vento cullarmi e la pioggia inzupparmi tutte le piume, ed è proprio in queste giornate fredde e umide che mamma e papà, vedendomi tutto solo e infreddolito, vengono a portarmi i soliti vermetti, qualche insettino e, come al solito alcune di queste cose abbaglianti.
Pioggia, sole, qualche nuvola, ancora pioggia, bellissimi tramonti e terribili temporali, le mie giornate passano. Guardo il cielo che cambia tra un pasto e l’altro.
Un giorno però la mia vita cambiò drasticamente.
Penserete a qualche gatto inferocito che mi voleva azzannare, o ad aquila che piomba sul mio nido. Nulla di tutto questo. Nulla di eroico né di epico, sconvolse la mia vita.
È stata una semplice domanda.
Mamma e papà come di consuetudine tornano al nido
con il cibo. All’ultima beccata colpisco uno di questi oggetti. Mi sono fatto un gran male!
Non è un insetto, né uno di quei deliziosi vermicelli.
È duro come la roccia, per quanto possa solo immaginarlo. Inizio a girarci attorno incuriosito, provo a girarlo e rigirarlo per capire cosa sia, come per magia ad un certo punto
un raggio di sole colpisce questa cosa, che ne colpisce un’altra ed un’altra ancora.
Tutto il nido è pieno di questi piccoli oggetti luccicanti.
Gli stessi che mi accecavano quando ero più piccolo,
gli stessi che i miei genitori mi portano assieme al cibo.
Fu in quell’istante che mi posi la fatidica domanda.
«Cosa sono? Da dove vengono? Perché i miei genitori
me li portano qui, se poi non posso nemmeno mangiarli?»
Vedendomi tutto preso da questi oggetti, mamma e papà ritornano al nido. Sono pieno di domande, talmente tante che non so da dove iniziare, e così tra un pasto e l’altro iniziano lunghe conversazioni.
Mi raccontano che molti di questi sono gioielli, cose scintillanti che spesso alcuni bipedi perdono o lasciano incustoditi. Alcuni sono piccoli frammenti di vetro, non ho idea di cosa siano, mi spiegano che questi animali ci inseriscono dentro l’acqua.
La mia curiosità cresce e cresce, inizio a notare che sono tutti diversi, che hanno colori che non ho mai visto, alcuni sono più opachi, altri sono senza colori, trasparenti.
Il tempo passa, altri gioielli, collane e vetri colorati riempiono il nido, sembra quasi che non ci sia più spazio per me.
Nella mia testa le domande non mi bastano più, e nemmeno continuare ad osservare questi oggetti.
Non ne posso più. Sono deciso a vedere da dove provengono. Deciso a scoprire il mondo.
Apro le ali e mi lancio, per la prima volta.

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